Behringer ha annunciato l'uscita del suo primo plug-in di sintetizzatore analogico, che è anche gratuito! C'è molto da scrivere, perché ha la stessa struttura di Ableton Analog. E noi lo abbiamo confrontato. Con una serie di trucchi di programmazione.
Annunciato al prezzo di 99 dollari, in questi giorni il virtual instrument Behringer Vintage è completamente gratuito passando dal sito di Behringer. Anche questa volta c'è stata una iniziale confusione: rilasciato qualche giorno fa, ma non ancora disponibile, il synth Behringer Vintage è stato realizzato da Stefano D'angelo, che conosciamo per la sua attività prolifica con la sua azienda Orastron. Ci basta questo dato per portare tutta la nostra attenzione a Vintage, per D'Angelo è uno sviluppatore ben conosciuto nell'ambiente (vedi il suo lavoro precedente con Arturia) e ha orecchie fini.
Ableton Analog, invece, è un Instrument incluso in Live 12 Suite, nato ai tempi di Live 9, o può essere acquistato come Packs a 79 Euro.
Behringer Vintage è praticamente identico, nella struttura e nell'interfaccia utente a Analog di Ableton Live, realizzato da AAS che da sempre si è dedicata alla migliore emulazione dell'analogico con il suo Ultra-Analog. Stessa logica di funzionamento, stessi parametri. Potete tranquillamente usare il manuale di istruzione di Analog per imparare a usare Vintage! Il manuale fornito da Behringer è piuttosto inutile. Le differenze sono nel suono e nelle dimensioni. Analog ha una maggiore qualità timbrica, con un corpo più presente e meno sottile rispetto a Vintage, che però ha dalla sua una interfaccia di grandi dimensioni che migliora sensibilmente la facilità di programmazione. Tra i due, preferiamo Behringer Vintage per la programmazione, ma per il suono rimaniamo sui risultati di Analog. Considerata l'uscita di Vintage, ne abbiamo approfittato per puntare la nostra attenzione su quei particolari che sfuggono al grande pubblico, ma che sono essenziali per la buona riuscita di un suono elettronico.
Behringer Vintage vs Ableton Analog
I nomi non sono certo originali, ma se Behringer voleva dare una definizione al suo synth virtuale c'è riuscita. Come anche Ableton per identificare che suoni si ottengono con Analog.
Vintage e Analog sono synth analogici virtuali basati su due VCO, per ognuno dei quali si può scegliere una sola forma d'onda tra sinusoidale, dente di sega e quadra, quest'ultima con PWM modulabile dall'LFO, due filtri indipendenti con modalità Low Pass, Band Pass, High Pass e Formant, e quattro inviluppi, di cui due per gli altrettanti VCA e VCF, con possibilità di scegliere l'andamento della curva tra esponenziale e lineare. Il VCF a sette modalità di drive. E' presente un generatore di rumore, controlli di Vibrato e Unison, Pan per i due VCO e due LFO indipendenti. Non sono previsti effetti di chorus, delay o riverbero, ma c'è la completa assegnazione dei parametri sia su pannello che per i singoli valori indipendenti all'interno del display.
Le due voci indipendenti hanno i controlli principali sopra e sotto un grande display. Cliccando sulla sezione, il display cambia e riporta tutti i valori possibili relativi a quella sezione. In altre parole non ci sono sotto menu o parametri nascosti. Si vede tutto e subito. Da qua partiamo per la nostra esplorazione per i parametri più insoliti che rendono molto interessante Ableton Analog e Behringer Vintage. Useremo soprattutto gli screenshot di Vintage perché più chiari, che possono essere applicati tali e quali ad Analog.
Master
Non solo Volume. La sezione comprende i parametri di Vibrato (Delay, Attack, Error e Amount per il controllo con Modulation Wheel). Vibrato si controlla, nella frequenza e nell'intensità, dalla relativa sezione a destra. Error ci è piaciuto parecchio! Permette davvero di avere quelle imprecisioni che fanno tanto analogico! Master riporta anche i parametri generali tra cui il numero di voci (da mono a 32) di polifonia e per l'Unisono (due o quattro). Qui ci sono almeno tre parametri che fanno la differenza: Stretch, in percentuale, definisce l'intonazione delle note più alte, Error introduce errori casuali di intonazione, e Delay (su Unison) è il trucco per ottenere quelle aperture leggermente sfasate tra i filtri di diverse schede voci. Un classico dei polifonici Oberheim, soprattutto OBX (vedi lo speciale). Qui vediamo anche un altro particolare di Vintage: alcune sezioni si attivano solo se i relativi pulsanti lo sono: per esempio se è spenta la sezione Vibrato e Unison, i relativi parametri non saranno visualizzati. E c'è un altro particolare purtroppo: non appena si utilizza un knob di una sezione, il display cambia. Per esempio, modificando il cutoff mentre si programma il Delay in Unison, si salta alla pagina VCF relativa e siamo costretti a un secondo passaggio su Master per tornare al punto iniziale, per il parametro Delay. Scomodo!
LFO
Il display mostra sulla riga superiore l'LFO1 e su quella inferiore l'LFO2. Tra le particolarità, c'è la scelta di Noise e Noise Ramp come modulatore (funzionano come S&H), e i parametri di Offset, Delay e Attack che cambiano le cose. Attack, fino a cinque secondi, permette di ottenere effetti classici in base alla scelta della sorgente di modulazione. Modulando il pitch (Pitch Mode LFO e Key) con una onda quadra e attacco al massimo, si ottiene una curva discendente e ascendente del pitch assieme all'introduzione della modulazione. Effetti spaziali da film anni '60 sono qua! L'offset permette di giocare ancora meglio. L'LFO 1 è collegato al VCO1 e l'LFO2 al VCO2. Assegnando al pitch, per esempio, una curva rettangolare con Width differente, con frequenza identica degli LFO ma con il secondo spostato con Offset, potete arrivare a movimenti quasi da arpeggio, il cui ritmo è modificabile dalla frequenza e dall'offset. Per gli LFO c'è anche la sincronizzazione al Tempo, nel qual caso si può scegliere la divisione metronomica con Rate. Se pensate di giocarvela per creare andamenti ritmici, ricordatevi di attivare Retrig (R) così da aver sincronizzato l'inizio del ciclo dell'LFO e non andare fuori tempo. Behringer Vintage non scende sotto i 10 Hz, a differenza di Ableton Analog che arriva fino a 0,1 Hz.
VCO
Nella pagina troviamo l'inviluppo del pitch: Pitch Envelope Initial indica di fatto l'altezza dell'intonazione, mentre Time è il tempo impiegato per arrivare a zero. Piccolo trucco: ponendo valori opposti, e minimi, di Pitch Initial per i due VCO, si ottiene inizialmente quasi un effetto di chorus, che si spegne in base a Time. Vivacizza l'attacco. Selezionando la forma d'onda quadra, qui troviamo la possibilità di impostare la modulazione PWM in intensità. Vintage include un sub oscillatore indipendente per ogni VCO, di cui si può stabilire anche il livello. E il sync? C'è ed è realizzato all'interno dello stesso VCO, quindi senza sacrificare il secondo. Ma c'è un grande problema. Il classico suono di sync che evolve nel tempo è realizzato modulando Ratio, ma a questo parametro non è assegnato alcun parametro o modulatore. Qui è quindi necessario assegnare a un controller MIDI il valore Ratio o automatizzarlo sulla DAW.
Il trucco del sync modulato
Nonostante ci siano fior di forum che dicono che non si può fare, il trucco c'è e sfrutta la forma d'onda PWM modulata al 100% sul secondo VCO. Funziona sia su Ableton Analog che su Behringer Vintage. Occorre selezionare la forma d'onda quadra, impostare Width al 100%, attivare Sync e metterlo sopra il 30% o dove piace. A questo punto si crea un'inviluppo del pitch con Pitch Envelope Initial e Time. Volendo si può modulare il sync con un LFO a bassissima frequenza (sotto i 10Hz) con valore minimo e Key al 100%. Qui si notano le differenze tra Vintage e Analog nel range dei parametri che non sono identici. Non è del tutto un sync classico, ma ci si avvicina molto. Le impostazioni di Ableton Analog sono nell'immagine di apertura.
VCF
Sorprendente è la parola giusta! Cominciamo con i filtri: LPF a 12 e 24 dB/Oct, BPF a 6 e 12 dB/Oct, HPF a 12 e 24 dB/Oct e Formant a 6 e 12 dB/Oct. C'è da divertirsi per ore, anche con quello Formant. L'inviluppo ha curve lineare o esponenziali (praticamente da tenere sempre su esponenziale), con tempi di attacco, decay, sustain, sustain time e release. Alcuni parametri lo rendono molto flessibile: loop continuo a scelta tra tre intervalli di segmenti, valori negativi di modulazione per cut off e risonanza, adattissimo per bassi tellurici e potentissimi, e infine un parametro Drive non riportato sul manuale, ma che cambia tutto. Quando è su Off, con cutoff tutto chiuso, risonanza al massimo e modulazione di inviluppo positiva, ci troviamo di fronte al classico filtro con il suono abbastanza Moog, ma cambiano Drive è come avere altri sei modelli differenti di filtri che tendono a essere più morbidi, meno incisivi e più aperti. Lavorando per esempi con un LPF a 12 eB e Drive su Sym1 ecco apparire il suono della classica TB303. E infine due piccoli parametri che indicano l'eccellente lavoro di ricerca: Legato permette di far funzionare Vintage come un parafonico sul filtro, quindi tutte le note aggiunte avranno l'apertura del filtro in quel momento. Il secondo parametro è Free, che permette di sviluppare tutti i segmenti dell'inviluppo indipendente dal rilascio della nota. Vedremo che questa funzione sarà più interessante per il VCA.
VCA
Molto di quello che abbiamo visto per il filtro si rivela presente anche nella pagina del VCA. L'inviluppo è sempre un ADSR, con tempo di sustain, con possibilità di loop AD-R, ADS-R- ADS-AR. Anche qui troviamo la modalità Legato e Free, che elabora l'intero inviluppo compresa la fase di rilascio, ma ignora il tempo di sustain.I tempi di rilascio e sustain sono sufficientemente lunghi (massimo 15 secondi) per dei lunghi pad. Troviamo in questa pagina anche la modulazione del pan con l'LFO, la velocity o l'inviluppo. La modulazione d'ampiezza è realizzata dall'LFO, anche con valori negativi. L'attacco può essere modulato dalla velocity.
Noise e controlli
L'ultima sezione non ha alcun display: è possibile inviare il rumore a entrambi i VCF, bilanciandoli e cambiare il colore del rumore. Solo su Vintage, cliccando sull'icona accanto a Donate, si aprono quattro controlli, sempre mappabili via MIDI, per il controllo di Brightness, Timbre, Time e Movement.
Preset
Presentato come il plug-in per avere i classici suoni vintage, ci aspettavamo una collezione di classici. Non è stato così. Saper programmare un synth analogico, significa che nel 90% dei casi è possibile imitare bene le sonorità di qualsiasi synth. Behringer Vintage ha molte carte da giocare, per cui l'attesa era alta. Il nostro tour è stato deludente: si salvano in pochi Flexer, Simple Harp, Free Falling, Lunar Orbital, Soul Ripper, VIP Utterance. Alcuni di questi preset hanno anche livelli molto diversi. Di sicuro si poteva far molto meglio, considerando le possibilità. Diverso il caso di Ableton Analog, dove tutti i preset hanno un senso musicale ben evidente con alcune chicche notevoli. Mentre Behringer Vintage fatica a creare dei classici brass tipo Prophet 5, Ableton Analog sembra averli nel DNA e sono molto morbidi. Tra i due, abbiamo preferito Ableton Analog.
Il verdetto
Inizialmente non ci aspettavamo tanto da Behringer Vintage. Gratuito spesso fa rima con una qualità appena sufficiente. Ci siamo ricreduti non appena abbiamo cominciato a programmarlo. Buttati via i preset, siamo riusciti tranquillamente a creare, lead, effetti, pad, brass, string e bassi sintetici con facilità. Il suono generale di Behringer Vintage si avvicina più a un Roland che a un Moog, spesso per la presenza di armoniche ricche e alte. Non è dissimile a Roland, anzi. Se cercate quel carattere aperto tipico di Roland, come il Juno 106, avrete soddisfazioni, ma non la stessa pasta. E' un synth che non fatica a inserirsi nel mix, grazie al suo timbro ricco di dettagli (occhio al controllo Brightness e Timbre, che possono cambiare il risultato). Dall'altra parte abbiamo Ableton Analog, più flessibile e più ricco di migliori preset, con un timbro più americano e meno sottile di quello di Behringer Vintage, ma mai spento o ammuffito, anzi. La differenza si sente e non è da poco. Personalmente preferiamo Ableton Analog, se dovessimo cercare qualcosa di valido e professionale, ma anche con Behringer Vintage si tirano fuori risultati utili. Entrambi hanno un attitudine verso le frequenze ultra basse, tanto da far tremare i subwoofer. Bisogna però saperli programmare. In termini di velocità di programmazione vince a mani basse Vintage: tutto è lì dove deve essere e soprattutto leggibile e raggiungibile, ma richiede la conoscenza dei synth. Nel caso di Analog, occorre imparare le posizioni dei parametri perché la finestra è sempre troppo piccola, almeno per i nostri occhi. Entrambi sono semplici di automatizzare con un controller o synth esterno, ma Vintage vince perché ha un pulsante dedicato e lo capiscono tutti.
Conclusioni
E' un po' strano vedere due sintetizzatori virtuali avere esattamente gli stessi parametri, ma con due genitori differenti. Non ci infiliamo nella diatriba di quanto sia etico clonare un plug-in, con una interfaccia grafica migliore. Se Behringer è l'imperatore dei cloni hardware, da oggi possiamo dire che ha iniziato anche con il software. I risultati non sono uguali, ma ciò non significa che siano inferiori l'uno rispetto all'altro. Per chi vuole iniziare a programmare, Vintage permette di esplorare molti parametri e caratteristiche degli analogici del passato. Per chi già lavora su Ableton Analog... beh, l'interfaccia grafica di Behringer Vintage è imbattibile. Circa il suono, preferiamo Analog, ma non avremmo problemi alcuni a impiegare Vintage in produzione. A voi la scelta!
Pro
- Grande versatilità dei filtri
- Interfaccia utente molto comoda su Vintage
- Automazione e assegnazione a controller esterni facile
- Modulazione negativa dell'inviluppo
- Diversi parametri per emulare i difetti del vintage
- Preset di Analog molto musicali
Contro
- Modulazioni fisse
- Nessuna sorgente di modulazione per sync tra oscillatori
- Preset su Vintage molto migliorabili
- Inviluppi non del tutto percussivi
Link per attivare la licenza e scaricare il software: Behringer Vintage