Avid Pro Tools Artist
Un portatile, una piccola interfaccia audio, un microfono, un controller MIDI, un paio di cuffie e due monitor da studio, i propri strumenti musicali preferiti: quanti musicisti oggi iniziano così? Ci sono i più audaci, coloro i quali mossi dalla passione personalizzano la propria “tana” arricchendola con qualche strumento vintage, chi invece rimane legato alla più moderna filosofia del “less is more”, chi sperimenta con dispositivi mobili, alla costante ricerca della novità …
In sostanza, siamo tutti mossi dalla passione, e gran parte degli oggetti menzionati prima fanno parte della nostra vita e della nostra cultura musicale da più o meno tempo.
Mi chiamo Francesco Ferraris, ho ventidue anni e in questa sede sono un semplice appassionato che, nel corso del tempo, si è impegnato a creare il suo modesto home studio, come tanti coetanei e non solo.
In questa serie di interventi racconterò la mia esperienza con Pro Tools Artist, una Digital Audio Workstation facente parte di un ecosistema a me quasi sconosciuto, analizzando vari aspetti ed evidenziandone punti di forza ed eventuali criticità, paragonandolo anche ad altri software più “gettonati” per quanto riguarda l’ambiente home studio.
Se vi ritrovate in una delle categorie di persone prese in esempio poc’anzi, sono abbastanza convinto che anche voi, ad un certo punto del vostro percorso da producers/musicisti “domestici”, vi siate trovati davanti la decisone più importante e sofferta di tutte: la scelta della DAW. È chiaro, dopo un periodo di iniziale meraviglia in questo universo di possibilità (grazie anche alle numerose versioni di prova gratuite fornite dai vari brand), per moltissimi arriva, quasi spontaneamente, il momento di compiere il proverbiale “salto di qualità”, ed è qui che la scelta deve essere ponderata: la DAW è il nostro “banco da lavoro”, ed è importantissimo che le caratteristiche estetiche, il workflow, il livello di complessità e la versatilità calzi a pennello con le nostre esigenze e con il nostro modo di lavorare. Negli ultimi anni, anche le software house hanno dato sempre più importanza a questo aspetto, fornendo interessanti soluzioni.
A tal proposito Avid, storica azienda americana, punto di riferimento per gli studi di registrazione professionali, rinnova il suo Pro Tools, che da quest’anno viene proposto in versione Artist, un “pacchetto” che contiene tutto ciò che un appassionato possa desiderare: più di 100 plugins di vario genere (effetti di modulazione, compressione, EQ, tools per mix e master, e veri e propri VST), il software Celemony Melodyne 5 essential, oltre ovviamente alla possibilità di lavorare su 32 tracce audio (mono/stereo), 64 tracce MIDI, 32 tracce Aux.
Il software è scaricabile sottoscrivendo un abbonamento, al costo di 89€/anno o 9€/mese.
Procediamo senza dilungarci troppo all’installazione del programma: è necessario creare un account Avid dal sito ufficiale www.avid.com, così come possedere un account iLock, richiesto per ragioni di sicurezza e autenticità. Le procedure di pagamento e installazione sono assai immediate e lineari.
Una volta installato il software e i vari plugins, procediamo all’avvio del programma: qui, già notiamo una caratteristica che rende l’idea della varietà di modi in cui possiamo iniziare un progetto: dopo aver nominato il file e scelto la destinazione del salvataggio tra archivio interno e cloud, possiamo scegliere se utilizzare uno dei 5 template forniti (3 per produzione, 2 per post-produzione), scegliere il formato, il Bit Depth, il Sample Rate, i settings Input/Output e infine la cartella di destinazione dei salvataggi. Selezionare uno dei template darà un’impronta iniziale al nostro progetto, poiché fornirà una serie di tracce audio o MIDI più “consone” per ciò a cui siamo orientati (ad esempio, “Making beats” avrà un’impalcatura diversa da “Podcasting”).
Inoltre, nella dashboard si trovano altre tre sezioni: Recent, nella quale richiamare progetti recenti, Projects, nella quale consultare i propri progetti e Getting started, sezione che rimanda ad alcuni tutorial e video di “tour guidati” prodotti da Avid per aiutare i nuovi utenti nelle loro prime esperienze.
Queste features possono rivelarsi molto utili e “comode”, soprattutto la sezione Getting started, presente anche in altri software come Cakewalk o Studio One, ma assente (o proposta in altre modalità) in altri, come Ableton Live o FL Studio. L’estetica della dashboard e dell’intera workstation può sembrare, a un primo impatto, fin troppo “razionale” o addirittura “spartana”, in contrapposizione all’aspetto più colorato e minimale proposto da altri produttori. È bene notare, però, che stiamo parlando di una DAW che si rifà all’ambiente professionale, vi è un compromesso in termini di estetica, a vantaggio però di una maggiore personalizzazione e della possibilità di tenere tutto sotto controllo.
Questo è il mio primissimo impatto con Pro Tools: memore di diverse esperienze con altre DAW (Ableton Live, FL Studio, Logic Pro, Cakewalk) mi trovo davanti un programma diverso da tutto, che esprime forte personalità, e, ad essere sincero, provo anche una sorta di “timore reverenziale”. Non fatico a credere che questa workstation faccia parte di un ecosistema pilastro della produzione musicale negli studi di tutto il mondo, e sento di avere molto da imparare prima di poterla padroneggiare al meglio.
Per concludere, dopo un primissimo sguardo, mi accingo ad esplorare e capire il più possibile di questo software, del workflow, dei VST e dei numerosissimi plugins, dei quali sono impaziente di raccontare.
Come in ogni inizio, dovrò fare i conti con piccoli e grandi ostacoli, derivanti dal mio “solito” modo di lavorare, ma, da appassionato, colgo l’occasione per impegnarmi a sviluppare nuove abilità e condividerle con chi, come me, vorrà scoprire di più su questo rinnovato prodotto Avid.
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