Quasi per caso, mi è giunta voce da più parti, che diversi esperti tastieristi e anche navigati professionisti suonavano questa mini-tastiera, nei lunghi mesi di quarantena e confinamento.
Cosa nascondeva questa piccola Yamaha PSS-A50 da attrarre diversi musicisti di primo piano dello spettacolo? La mia curiosità era troppa. Yamaha Music Europe Branch Italy mi ha gentilmente fornito un esemplare in prova. Ed ecco che cosa ho scoperto.
Introduzione
La sigla PSS ci rimanda ai primissimi anni 80, agli albori delle tastiere portatili e degli arranger, a quel mondo ingenuo e dilettevole delle mini-tastiere alla prima comparsa sul mercato: erano prodotti della miniaturizzazione elettronica ed erano strumenti abbordabili a buon prezzo. I produttori principali di quel mercato globale erano giapponesi: Casio, Technics e Yamaha. Sono passati 40 anni da allora e inevitabilmente ora è il tempo dell’Amarcord. Technics non c’è più, Casio ha recentemente rilanciato il marchio Casiotone, mentre Yamaha ripropone la storica serie PSS con tre modelli a listino: PSS-E30, PSS-F30 e PSS-A50.
Sotto il profilo del design, dimensioni e forme arrotondate dei bordi le rendono eccellenti nell’ergonomia. Dal punto di vista musicale sono diverse fra di loro. PSS-E30, altrimenti nota con il nome di Remie, è la classica tastierina destinata al gioco evoluto dei bambini più piccoli che si divertono sperimentando e prendendo confidenza con i suoni (di qualsiasi natura, anche versi di animali) e con le alterazioni musicali, accedendo a involontarie combinazioni armoniche. La seconda PSS-F30 riguarda i più grandi, giacché dispone di suoni di qualità crescente e funzionalità educative stimolanti: del resto, si presta a farsi suonare per bene grazie al piccolo arranger da 28 stili pilotabili dalla nuova interessante funzionalità Yamaha dello Smart Chord (da non sottovalutare). E, venendo finalmente a PSS-A50, devo dirvi che è decisamente tutta un'altra cosa.
Yamaha PSS-A50: cosa c’è di speciale
Ad essere sinceri, il mio primo impatto con lo strumento è stato scoraggiante, ma scoprirete - leggendo questo test - che alla fine mi sono dovuto ricredere: e ora non posso escludere che, nelle mani giuste, la Yamaha PSS-A50 renda possibile fare cose serie. Ma andiamo con ordine e con un chiarimento introduttivo: non è un arranger, non ha stili di accompagnamento. Già dalla lettura delle caratteristiche del prodotto e dalle immagini sull’imballo, è evidente come Yamaha abbia pensato PSS-A50 per musicisti giovani e adulti. I tasti sono dinamici. Evviva! La scocca ha un aspetto serioso di nero lucido e specchiante, con un'interfaccia minimale e scarna. Non offre utilità educazionali, ma include caratteristiche capaci di stuzzicare l’attenzione dei musicisti più esperti. Essenzialmente è una minuscola tastiera con 37 mini-tasti, 42 timbri, un arpeggiatore da 138 pattern, 34 tipi di Motion Effect e un registratore MIDI capace di memorizzare una sola frase fino a 700 note (che possono calare se si abusa del Motion Effect). Non ha ingresso del pedale e tutti i controlli sono a pannello: Sustain, Volume, Ottave e Tap Tempo per il metronomo. Con una combinazione di tasti si possono controllare Transpose, Tuning, dinamica dei tasti e funzioni basilari da master keyboard. Tutto qua direte voi? Non siate impazienti e procediamo per gradi.
Hardware
Le dimensioni sono minime: appena 50.6 cm di lunghezza; il peso piuma conta 1,2kg. Yamaha utilizza il termine “mini-tasti HQ” (High Quality), la stessa nomenclatura della serie Reface. Un punto a favore di questa tastiera è nella dinamica: a questo prezzo, non credo esista altro strumento sul mercato che abbia tasti sensibili alla velocity. I livelli di dinamica ammessi sono quattro: Soft, Medium, Hard e Fixed. Nei primi giorni di prova, la risposta del tocco mi dava risultati imprevisti: ogni tanto qualche tasto suonava più forte dell’atteso. Ma, con la pratica, ho preso maggiore confidenza adattando la velocità delle dita, soprattutto nell’uso dei suoni di pianoforte. La tastiera è di tre ottave: i pulsanti Octave a pannello permettono di aumentare o diminuire di ben quattro ottave, dando una copertura superiore a quella di un pianoforte con 88 tasti. Devo confessarvi che ovviamente a -4 o +4 ottave escono suoni particolarmente deboli.
La polifonia spazia fino a 32 note massime. Sul retro, un mini-jack stereo per le cuffie affianca un ingresso USB micro B, di cui parleremo più sotto. C’è un solo altoparlante a bordo con un cono da 8cm e che sparacchia 1,4W: l’ascolto non è il massimo, ma se collegate un monitor di qualità all’uscita della cuffia, scoprirete che i suoni della Yamaha PSS-A50 si difendono bene. L’alimentazione è possibile con 4 batterie AA LR6 (o ricaricabili Ni-MH HR6), altrimenti si collega il cavo USB ad un caricabatteria portatile o ad un adattatore di alimentazione USB per il collegamento alla presa di corrente. Entrambi sono da acquistare a parte. Non manca l’Auto Power Off.
Nella confezione, l’unico accessorio è il cavo USB. Il manuale cartaceo fornito è multilingua, ma è sprovvisto del nostro idioma: chi cerca le istruzioni in italiano, dovrà scaricare un file PDF dal sito ufficiale. L’accensione è pressocché immediata: il primo suono di pianoforte si ascolta praticamente all'avvio dello strumento. Il volume può essere impostato da zero a 15: il suo valore iniziale e 13. In cuffia il volume massimo è accettabile. Tuttavia, quando utilizzavo lo speaker di bordo, non ho mai superato il valore di 13, perché il suono rischiava di saturare.
Qualità dei suoni e Motion Effect
Dieci pulsanti sul pannello dello strumento agevolano l’accesso diretto a dieci categorie di timbri: PIANO, ORGAN, GUITAR, BASS, STRINGS, WOODWIND, BRASS, SYNTH LEAD, SYNTH PAD E DRUM/PERC. Ogni categoria è composta di quattro o cinque suoni per un totale di 42 timbri. Il pulsante Motion Effect può essere personalizzato perché agisca sul filtro, sull’intonazione oppure sulla modulazione. A volte gli effetti alterano il suono in modo imprevisto e stravagante: insomma, c’è da provare e poi sbrigliarsi. È disponibile il Portamento per far passare il suono da una nota all'altra con un cambio di intonazione rapido ma progressivo: sarebbe bello poterlo programmare, ma - a questo prezzo - non mi sento di pretendere di più. Fra i timbri degni di nota ci sono il classico pianoforte acustico di casa Yamaha, l’intramontabile Fender Rhodes, il tipico suono base dell’organo Hammond, la Nylon Guitar, la Jazz Guitar e i suoni di basso in diverse variazioni.
Non deludono i Synth Lead e i Synth Pad, anche se mi sarei aspettato una maggiore varietà. La tavolozza sonora della Yamaha PSS-A50 non passerà alla storia, ma alcuni suoni sono validi. Dopo aver provato tutti i suoni ascoltandoli da un monitor esterno, nella sua globalità, ho trovato le scelte di Yamaha molto ragionevoli, nella consapevolezza di avere tra le mani uno strumento che si può trovare nei negozi in promozione intorno a 85 euro circa alla data di uscita di questo articolo.
Arpeggiatore
Il primo desiderio era quello di provare a fondo l'arpeggiatore. Gli arpeggi preset sono 138 e suddivisi in 12 famiglie fra cui spiccano Keyboard, Guitar Chord, Guitar Arpeggio, Harp, Chromatic Percussion, Synth Sequence, Synth Chord e Drums. All'interno della stessa famiglia, è possibile passare da un arpeggio all'altro premendo i tasti +/– ottenendo effetti interessanti dato che Yamaha ha spesso posto vicini gli arpeggi coerenti fra di loro. Durante l’esecuzione, è possibile modificare le frasi di arpeggio, grazie ad un accorto uso del pulsante ARP.HOLD e ad una tecnica che va raffinata con la pratica. L’arpeggio del basso gira sugli accordi anche premendo un solo tasto, cosa che non succede sempre con gli altri suoni.
Se attivato, il Sustain ha effetti apprezzabili sull’arpeggio ma non tutti gli arpeggi seguono la stessa regola. Fra le modulazioni dei Synth si trovano i migliori abbellimenti, grazie all’uso creativo del Motion Effect. Anche la presenza del Portamento può influire: qui bisogna avere coraggio e voglia di divertirsi: i risultati potrebbero cogliervi di sorpresa.
A favore di quanti non hanno esperienza con gli arpeggiatori
Chi è solito suonare un arranger, deve essere pronto a cambiare tecnica al primo approccio con gli arpeggi: a differenza degli stili di accompagnamento, l'arpeggiatore non interpreta sempre gli accordi, ma spesso elabora le note singole. In altre parole, suonando ad accordi pieni non è scontato trovarsi sempre in sintonia con gli arpeggi, soprattutto con quelli che tendono a modulare le note suonate. Dipende dai casi. Il numero di note elaborate è diverso da arpeggio ad arpeggio e, pertanto, non tutte le note suonate sulla tastiera sono riprodotte: se, ad esempio, l’arpeggio selezionato è composto di tre note che si alternano e voi ne state suonando quattro, una di queste potrebbe non essere mai arpeggiata; viceversa, se ne suonate una sola soltanto, sarà quella stessa nota che rimbalzerà magari da un’ottava all’altra. Spesso poi gli arpeggi tengono conto dell’intonazione delle note suonate e questa è un’altra grande differenza dalla diteggiatura degli arranger, dove gli accordi sono interpretati indipendentemente dall’altezza di dove si suona.
Non trascuriamo poi il fatto che, di norma, un arpeggio ha una sola traccia e un solo suono. Manca del tutto poi il concetto di Ending: quando smettete di suonare, lo strumento termina immediatamente di arpeggiare. In altre parole, il consiglio è quello di studiare i singoli arpeggi per capire di quante note sono composti e come si comportano: vanno sperimentati con curiosità al fine di scoprire il modo migliore per interpretarli, secondo il gusto personale di ciascuno.
Il meglio sta nell’uso simultaneo di Arpeggio con Phrase Recording
Il modo di suonare la Yamaha PSS-A50 cambia completamente quando si impara a combinare l’uso dell’arpeggiatore con il Phrase Recording, che consente di incrociare melodie, ritmi ad arpeggi plurimi conseguendo risultati originali. Immaginate di registrare una sequenza di arpeggio e poi di metterla in loop attivando un secondo arpeggio. In tal modo abbiamo due arpeggi attivi contemporaneamente, magari uno dei due è del tipo Drum: abbiamo così una buona base ritmica di partenza. A questo punto possiamo completare la registrazione della frase musicale, dopo averla messa in loop continuo, con un’altra parte che suoneremo da noi sui tasti. Sono necessarie un paio di accortezze: bisogna essere molto precisi nel fermare il Recording, altrimenti si generano pause impreviste nel loop. Il registratore poi memorizza il tempo di recording e, pertanto, quando viene messo in loop con un arpeggio che segue un tempo diverso, si dovrà battere il Tap Tempo per avviare in sincrono la frase registrata: non è automatico. La Yamaha PSS-A50 gestisce una sola registrazione e la frase registrata viene conservata anche dopo lo spegnimento della tastiera.
Dal punto di vista musicale, questo tipo di esecuzioni si presta meglio nei brani che hanno cambi armonici diluiti nel tempo, come succedeva tipicamente nel Synth Pop ingenuo dei primi anni 80, oggi rievocato dai contributi di autori di successo come The Weeknd e Dua Lipa. Volendo, ci si può spingere anche nel territorio della braindance e della Techno. Con PSS-A50 sono ovviamente consentiti anche altri ritmi, altri stili e altre interpretazioni in diversi generi musicali: la fantasia e la creatività sono il succo che produce performance brillanti.
Lavorare con una DAW
Va da sé che l’accoppiamento con una DAW permette di estendere le idee musicali generate con la Yamaha PSS-A50: il connubio MIDI fra i due strumenti amplia e accelera il flusso creativo. Il connettore USB, oltre a servire per il collegamento ad un alimentatore di corrente, è in grado di agevolare la connessione MIDI IN/OUT con un PC o comunque un altro dispositivo dove risieda un sequencer MIDI. Torna utile il set di funzioni da master keyboard che la tastierina offre: Local Control On/Off, MIDI OUT Channel, Program Change e Control Change. Ovviamente, gli stessi comandi sono riconosciuti se trasmessi dalla DAW. Pur in assenza di compatibilità con lo standard GM, lo strumento è pronto a inviare/ricevere i dati su 16 canali MIDI: occhio alle 32 note di polifonia; quando si raggiunge quel limite, si dovrà convertire qualche traccia in audio per non avere più limiti. Collegate l’uscita delle cuffie ad un’interfaccia audio e da questa entrate nel PC, poi registrate.
Conclusioni
Chi non si ferma alle apparenze, in questa PSS-A50 può trovare discrete possibilità espressive. Del resto, è palese lo sforzo fatto da Yamaha per ideare un prodotto che offra il massimo possibile ad un prezzo minuscolo. Chi è avvezzo a suonare i synth essenziali degli anni ’80 e chi è solito suonare tastiere Casio o altre mini-tastiere, potrà trovarsi a proprio agio sin da subito, mentre chi arriva dal pianoforte - o ha comunque un’impostazione classica - potrebbe avere una prima impressione disarmante a causa dei tasti troppo piccoli, dell’assenza del pedale del sustain e del numero ridotto di ottave. Dopotutto, questo strumento è per gli altri musicisti, quelli entusiasti ed inclini ad usare, con freschezza e con scioltezza, la tecnologia digitale per fare musica. Qui ci sono caratteristiche intuitive affiancate da altre più complesse. I nativi digitali non avranno problemi ad imparare ad usarla a fondo in un amen. Gli altri non si spaventino: con un po’ di pratica si impara in fretta.
Gran parte dei suoni sono abbastanza realistici e suonano bene e anche nella collezione di arpeggi si possono trovare elementi di carattere. Con un PC portatile, una piccola interfaccia audio e questa Yamaha PSS-A50 dentro il vostro zainetto, avete una stazione di lavoro completa per fare musica: potete portarla con voi ovunque le regole di contenimento del Covid vi permetteranno di andare. O anche, nel caso di spazi ridotti in casa, potete riporre tutto comodamente in ordine quando dovete riutilizzare la vostra scrivania per lo studio o per il lavoro. E quando preferite usarla così come è, è perfetta per il divertimento, per suonare in giardino, al parco, con gli amici durante una gita fuori porta.
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YAMAHA